Artigianalità, controllo della filiera, ricerca della qualità del prodotto sono solo alcuni degli elementi che contribuiscono ad affermare i prodotti dell’agroalimentare. Concetti tipicamente culturali come tradizioni e autenticità fanno ormai parte integrante della narrazione di un prodotto. Decretandone il successo
Tutto ciò che ruota attorno alla preparazione di un piatto accende un crescente interesse da parte del pubblico, prova ne sono i cuochi superstar e i talent show che affollano la televisione. Questo perché il cibo può avere una capacità di narrazione non indifferente, che non si limita al gusto e all’olfatto ma coinvolge anche gli altri sensi. Per questo la comunicazione di un prodotto gastronomico può avvenire su moltissimi canali e continua di fatto nella scelta dei rivenditori stessi. Non stiamo parlando solo della cura che viene dedicata alla presentazione del prodotto o, in moltissimi casi, alla confezione, ma della vera e propria narrazione che permette, anche solo pronunciando il nome di un prodotto, di evocare mondi, situazioni o storie che ci permettono di “degustarlo” culturalmente ancora prima che olfattivamente. Per fare un esempio, la parola “grappa”, fino a pochi anni fa evocava vecchie osterie e paesini di montagna popolati da signori non particolarmente riconoscibili per gusto e raffinatezza. Oggi, soprattutto tra i più giovani, evoca invece distillati di grande qualità da consumare in momenti di socialità di altrettanto standing.
Questi mutamenti sono certamente il frutto di processi produttivi che hanno elevato la qualità del prodotto, ma anche (se non soprattutto) di processi di narrazione che fanno leva sull’artigianalità del prodotto, sulla raffinatezza e da alcuni anni anche sul legame esplicito tra noti marchi e altrettanto noti premi culturali.
Il concetto di tradizione, per esempio, viene utilizzato per mettere in risalto la capacità di legarsi al passato pur venendo incontro ai gusti dei consumatori. Una delle aziende che fa leva su questo valore è per esempio quella dei tre fratelli che dirigono la distilleria Brunello. Loro, per esempio, forti dell’essere eredi dell’azienda più antica in questo settore, comunicano con orgoglio la loro origine datata 1840; a questo poi uniscono una ricerca della qualità che parte dal processo produttivo e dalla selezione delle materie prime.
Un altro è di colpire visivamente il potenziale acquirente a partire dalla confezione. Viene a mente un’altra distilleria artigianale di qualità, la Li.Di.A. di Villaga, che prepara il packaging a mano: prima fa avvolgere le bottiglie in fogli di carta che costituiscono l’etichetta, poi le passa con del filo di canapa attorno al collo e le ferma con ceralacca a caldo. L’artigianalità nel confezionamento è una delle ragioni dell’affermazione anche di Adelia di Fant, laboratorio di cioccolato (ma anche produttrice di distillati) che ha dato a San Daniele del Friuli un’altra specialità gastronomica di cui essere fieri: in questo caso l’attenzione al contenitore è essenziale per caratterizzare lo stesso contenuto, e varia se si tratta di praline (la punta di diamante) o di tavolette o di altro ancora.
E poi ci sono le collaborazioni. Che possono incidere sullo sviluppo del singolo prodotto o possono catturare maggiormente l’interesse di per se stesse. Emblematica la vicenda di Fraccaro, storica realtà di Castelfranco Veneto che è divenuta riferimento dell’industria dolciaria, che ha intessuto solidi rapporti con Slow Food e che ha creato un apposito marchio interno per il biologico; una sensibilità che molti consumatori premiano.
A volte la promozione può avvenire in modi molto spontanei. Si pensi alla Giardiniera di Morgancon sede a Malo (Vi): partita su iniziativa di uno chef del posto, Morgan Pasqual, si è ricavato una nicchia ben definita nel mercato; il fatto di aver chiamato i diversi tipi di giardinieri con i nomi dei componenti della sua famiglia, dopo aver selezionato gli ingredienti in base alle loro diverse personalità, trasmette una sensazione di genuinità che le fa preferire alle concorrenti industriali.
C’è pure chi permette al consumatore stesso di personalizzare quanto venduto. Il riferimento è Ai Magredi, coltivatori e produttori di vini sfusi di qualità (ma anche di vini propri) che creano etichette su commissione. Loro puntano tantissimo anche alla creazione di eventi in sinergia con altri soggetti, in modo da dare la sensazione completa di piacere enogastronomico. E poi ci sono le premiazioni. Ne sanno qualcosa i fratelli Michele e Sandro Vecchiato alla guida del Birrificio Antoniano, vincitori quest’anno di ben tre medaglie d’oro al World Beer Awards; nel promuovere la bevanda mettono in mostra il fatto che venga fatta con orzo e luppolo coltivati nelle vicinanze.